ROMA 8 SETTEMBRE 1943: La battaglia per Roma
ROMA 8 SETTEMBRE 1943: La battaglia per Roma

I civili nella difesa di Roma

Nelle confuse e frenetiche giornate dall’8 al 10 Settembre 1943 lo sforzo di sostenere il peso dei combattimenti contro i germanici fu sostenuto dalle truppe regolari del Regio Esercito che pagarono un duro tributo in termini di morti e feriti.

 

Ciò detto si verificò un fatto straordinario nella storia militare e sociale italiana: ovvero che numerosi civili spontaneamente e senza organizzazione si unirono ai combattimenti imbracciando le armi, affiancando le truppe regolari e combattendo fino all’estremo sacrificio.

 

Distribuzione di armi ai civili nella notte dell'8 settembre

La sera dell'8 settembre 1943, gli esponenti comunisti Luigi Longo e Antonello Trombadori (ufficiale dei bersaglieri appena rientrato dall'Albania) e il cattolico Adriano Ossicini si accordarono con il generale Giacomo Carboni, comandante del Corpo d'Armata Motocorazzato posto a difesa di Roma, per prendere in consegna un carico di armi da distribuire alla popolazione in vista dell'attacco tedesco. Le armi, prelevate da alcune caserme, furono caricate su tre autocarri e depositate durante la notte presso magazzini e case private, in particolare: nel retrobottega del barbiere Rosica di Via Silla 91 (rione Prati) , al museo storico dei bersaglieri di porta Pia, all'officina Scattoni di Via Galvani (Testaccio) e nell'officina di biciclette Collalti a Campo de' Fiori. Le armi depositate in Via Galvani furono utilizzate a Porta San Paolo dagli aderenti al Movimento dei Cattolici Comunisti, mentre gran parte del carico rimanente fu sequestrato la notte del 9-10 settembre dalla polizia, per ordine del comandante Carmine Senise.

Ricevuta della consegna ai partiti politici delle armi da parte di Carboni all'8 Settembre. A destra firma Luigi Longo a sin. Rosica Vincenzo.

IL C.L.N.

Parallelamente le forze politiche, precedentemente riunite nel "Comitato delle opposizioni" diedero vita al  “Comitato di Liberazione Nazionale (CLN)”  riunendosi a Roma, in un alloggio di via Adda, alle 14,30 del 9 settembre del 1943. Esso nacque da una riunione in cui parteciparono l'indipendente Ivanoe Bonomi, il democristiano Alcide De Gasperi, il liberale Alessandro Casati, il socialista Pietro Nenni, il comunista Mauro Scoccimarro, infine Ugo La Malfa del Partito d'azione. I presenti approvarono una dichiarazione che diceva: "Nel momento in cui il nazismo tenta di Restaurare in Roma e in Italia il suo alleato fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in Comitato di Liberazione Nazionale per chiamare gli Italiani alla lotta e alla resistenza e per riconquistare all'Italia il posto che la compete nel consesso delle libere nazioni". Pur tale evento non avendo diretta conseguenza sugli eventi di Roma, costituirà le fondamenta della lotta di liberazione che sarebbe di lì a poco iniziata.

Il Proclama del CLN

AZIONISTI

Dopo accordi presi nella notte, si riuniscono anche gli appartenenti al Partito d'Azione, tra i quali Raffaele Persichetti e Pilo Albertelli. Durante l'incontro giunge una telefonata dall'ospedale Cesare Battisti (oggi: ospedale Carlo Forlanini), che li informa dei combattimenti in corso al ponte della Magliana, visibili dalla terrazza dell'ospedale. I convitati decidono di agire, ma sono senz'armi.

CASERMA 81°FANTERIA

Nel pomeriggio del 9, un gruppo di civili comprendente lo studente in medicina Rosario Bentivegna, futuro gappista, tentano l'assalto alla caserma dell'81° fanteria in Viale Giulio Cesare, per procurarsi armi, ma sono immediatamente respinti. L'assalto convince uno squadrone del reggimento a schierarsi l'indomani a Porta San Paolo, con al comando il tenente Maurizio Giglio.

Primo presidio alla basilica di San Paolo (giorno 9 settembre)

Alle ore 9.00 un gruppo di civili del Partito d'azione, sommariamente armati di pistoloni e fucili da caccia, passano per i Fori Imperiali, diretti verso la basilica di San Paolo, per combattere i tedeschi; la ventiquattrenne Carla Capponi, simpatizzante comunista, si unisce a loro e si offre di combattere, senza riuscire a ottenere le armi, essendo scarse. Alla Basilica alcuni militari predispongono uno sbarramento per impedire ai civili di raggiungere la linea del fuoco ed è allestito un ospedale da campo; alcune suore assistono i feriti e cominciano ad allineare i primi cadaveri. Non potendo procedere, Carla Capponi torna indietro per via Ostiense e, nei pressi dei mercati generali, incontra un gruppo di donne con dei catini colmi di patate bollite per i soldati. Le vettovaglie sono distribuite verso le due, le tre di pomeriggio, nelle retrovie della Basilica. La Capponi e le altre donne si prodigano per tutto il pomeriggio e l'intera notte ad assistere i feriti.

Civili presi prigionieri dai tedeschi in zona E42-Montagnola

LA MONTAGNOLA

I primi combattimenti si ebbero verso le ore 7.00 del 10 Settembre. La linea italiana, dal caposaldo n. 5 al Ponte della Magliana, era arretrata sul forte Ostiense dove era collocata l’Istituto Gaetano Giardino,  gestito da suore, che dettero aiuto ai feriti e ai combattenti.

Don Pietro Occelli, direttore dell'istituto e parroco della Montagnola, diede aiuto ai granatieri e si prese l’onere di dichiarare la resa del forte.

Una delle suore, Suor Teresina di Sant'Anna, al secolo Cesarina D'Angelo, nativa di Amatrice, stava componendo il cadavere d'un granatiere nella cappella del forte Ostiense, quando un soldato tedesco che passava lì accanto fu attratto dal brillare di una catenina d'oro al collo del caduto. Mentre il militare tentava di strappare l'oggetto, la religiosa afferrò il crocifisso di metallo che si accingeva a collocare sul petto del caduto e colpì ripetutamente al viso il tedesco, subendone la furiosa reazione. In quell'istante altre persone si affacciarono nella cappella mettendo in fuga il soldato straniero, ma Suor Teresina, già malata gravemente, morrà otto mesi dopo (8 maggio 1944) per le violenze subite, in una clinica di Via Trionfale.

Don Pietro Occelli, parroco della Montagnola
Lapide che ricorda Quirino Roscioni alla Montagnola

Occupato il forte, la battaglia proseguì attorno alla scuola elementare di Via Nonantola, a due piccole roccaforti del palazzo dell'ex fascio, nei campi attorno alla Montagnola (casale Ceribelli) e nella casa di Quirino Roscioni, il fornaio della zona, già mutilato della grande guerra. Da quei fortilizi improvvisati, granatieri, guastatori e popolani sostennero un nutrito fuoco e, con alcuni carabinieri attestati nelle case di via Pomposa, sbarrarono il passo della via Laurentina ai tedeschi.

Esaurite le munizioni, Quirino Roscioni, il fornaio che aveva messo a disposizione la sua casa e il forno a soldati e popolani, iniziò a distribuire dei vestiti borghesi ai militari e riuscì a metterli in salvo. Rimasto solo con la cognata Pasqua Ercolani, venne cacciato dai tedeschi dalla sua abitazione e, nel tentativo di raggiungere la vicina parrocchia, fu colpito mortalmente alle spalle da una raffica di mitra, a pochi passi dalla chiesa, insieme alla Ercolani. Altri due parrocchiani - i coniugi Carmine Dieli e Maria Barile - furono trucidati sulle scale della chiesa.

Paracadutisti presi prigionieri da civili e militari a via Marmorata il 10 Settembre

“CENCIO BALDAZZI”

L'azionista Vincenzo Baldazzi detto “Cencio” riesce a impossessarsi di un autotreno carico d'armi e provvede a distribuirle nelle zone di San Giovanni, Testaccio e Trastevere. Incontra delle difficoltà al quartiere Trionfale dove è fermato dalla polizia, ma una possibile tragedia è scongiurata dal tempestivo intervento, in senso conciliatore, di Sabato Martelli Castaldi e di Emilio Lussu.

PORTA SAN PAOLO – GIORNO 10 SETTEMBRE

A Porta San Paolo dove era arretrata l’estrema linea difensiva a sud di Roma e dove si stavano concentrando le ultime unità militari ancora operative, accorrono numerosi civili armati alla meglio, singolarmente o organizzati sommariamente dai rispettivi partiti politici.

Aladino Govoni, futuro comandante militare di Bandiera rossa e capitano dei granatieri è in congedo temporaneo per motivi di famiglia, dopo essere accorso disarmato alla Magliana, si fa portare la pistola d’ordinanza e combatte sull’Ostiense. Con lui è un ragazzo di sedici anni, Antonio Calvani, che era scappato di casa per seguirlo. Durante il combattimento, Calvani s'impossessa della giacca e delle armi di un granatiere caduto e comincia a sparare al nemico. Ferito più volte, continua a combattere e muore.

Cade Maurizio Cecati, romano di Testaccio, non ancora diciottenne. È forse il primo caduto nella lotta di liberazione cui è riconosciuta la qualifica di partigiano; sarà decorato di croce al merito di guerra al V.M. alla memoria.

L'azionista Cencio Baldazzi, con tutta la sua formazione di volontari, è appostato sin dall'alba nei pressi della piramide, sul lato destro di Porta San Paolo, fra piazza Vittorio Bottego e il mattatoio. Nel frattempo a Trastevere, l’avvocato Ugo Baglivo, del P.d'A., armato solo di una bandiera tricolore, tenta di organizzare altre formazioni volontarie che affianchino i militari.

Tra i politici che accorrono, Sandro Pertini che guida i primi gruppi di socialisti della resistenza a fianco dei granatieri, utilizzando come arma anche i cubetti di porfido del piazzale. Con lui sono il futuro ministro Mario Zagari e  il sindacalista Bruno Buozzi.

Prendono parte ai combattimenti Romualdo Chiesa, Alcide Moretti e Adriano Ossicini del movimento dei cattolici comunisti; partecipano anche Fabrizio Onofri e gli studenti Mario Fiorentini e Marisa Musu, futuri gappisti. Anche il giovane Giaime Pintor chiama il popolo ad appoggiare la resistenza dei reparti armati.

Sabato Martelli Castaldi ed Enrico Lordi, entrambi generali di brigata aerea in congedo, arrivano a Porta San Paolo armati di due fucili da caccia. Faranno entrambi parte della resistenza .

Intorno alle 12.30 circa, sulla linea del fuoco di Porta San Paolo, accorre in abito civile e sommariamente armato l'azionista Raffaele Persichetti, insegnante, invalido di guerra, ufficiale dei granatieri in congedo, e si schiera contro le superiori forze tedesche, al comando di un drappello rimasto senza guida. Verso le 14,00, armato di moschetto e con le cartucce sull'abito civile, è costretto a indietreggiare all'inizio di viale Giotto con la giacca già macchiata di sangue; al suo fianco è Adriano Ossicini. Nei paraggi è Maria Teresa Regard, studentessa iscritta al Partito comunista e futura gappista; accorsa per fornire vettovaglie ai combattenti insieme con altre donne, vede cadere Persichetti in viale Giotto. La volontà di combattere anima ancora una folla di dimostranti guidati dall'attore Carlo Ninchi dal lato del rione Testaccio.

Contemporaneamente accorrono Filippo Caracciolo ed Emilio Lussu, armato con una Beretta 7.65, tentano di riunirsi alla formazione di Baldazzi, ma sono subito costretti al ripiegamento dall'avanzare del nemico. Ossicini guida i superstiti del suo drappello attraverso il cimitero acattolico fino al campo Testaccio dove la formazione si scioglie.

Stesso episodio altra angolazione.

Anche Carla Capponi, che era rimasta a dar man forte, ripiega in direzione della passeggiata archeologica.  A porta Capena assiste al mitragliamento di un carro armato italiano in ritirata, Attraversa temeraria la strada e salva la vita al carrista italiano, trascinandolo fuori per le ascelle e caricandoselo per alcuni tratti sulle spalle, sino alla propria abitazione. In casa, sua madre ha già accolto altri due militari sbandati.

Testimonianza di Maria Teresa Regard.

Testimonianza di Marisa Musu.

Stazione TERMINI come si presentava durante la guerra

STAZIONE TERMINI-PIAZZA DEI CINQUECENTO

I tedeschi si erano asserragliati in piazza dei Cinquecento all’interno dell’Hotel Continental.

Nel piazzale sono ancora appostati soldati e civili armati che facevano fuoco sull'albergo. Un tramviere, un facchino e tre giovani escono dalle loro postazioni per centrare – con successo - le finestre del terzo e del quarto piano. Il tramviere lancia due bombe a mano verso l'edificio ma viene mitragliato e morirà, dopo essere stato trascinato al coperto dai compagni. Altri giovani escono, a loro volta, allo scoperto, per altri lanci di bombe ma uno di essi viene colpito a morte. Gli ultimi spari verso il Continental sono effettuati da alcuni sedici-diciassettenni, con armamento di fortuna, appostati tra i portici della piazza, sino alla loro decimazione. Muore anche una ragazza, che era venuta a portare soccorso. Nei pressi di palazzo Massimo, lo studente quattordicenne Carlo Del Papa – unitosi a un manipolo di soldati – combatte valorosamente lanciando bombe a mano. Spostatosi in via Gioberti per difendere un autoblindo italiano dal fuoco di una mitragliatrice, perde la vita insieme con il fante Agostino Minnucci.

All’interno della Stazione Termini sostava il treno Comando dello Stato Maggiore del Regio Esercito. Il Magg. Benedetti, suo comandante, lo aveva fatto rientrare a Termini dalla Stazione di Lunghezza dove era fermo su un binario morto. Qui nel pomeriggio del 10 con i pochi soldati rimasti fa piazzare le 4 mitragliatrici del treno a terra a difesa della Stazione. Qui si svolge un furioso combattimento che vede partecipare numerosi civili in forma del tutto spontanea. Cadranno alla fine _civili e _ militari.

Le sparatorie cessarono alle ore 20.00 in tutta la zona di Termini.

 

Complessivamente, nella difesa di Roma muoiono 183 civili, tra cui 27 donne.

Eventi

Mostra "Vite di IMI".

E' aperta la mostra "Vite di IMI - Internati Militari Italiani". Si tratta di un'esposizione storico-didattica tesa ad illustrare la vita degli oltre 600mila militari italiani deportati e internati nei lager tedeschi e della loro “Resistenza senza armi”.

Tutte le info sul sito: http://www.anrp.it/mostra/01mostra.html

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