ROMA 8 SETTEMBRE 1943: La battaglia per Roma
ROMA 8 SETTEMBRE 1943: La battaglia per Roma

I Para' tedeschi attaccano Monterotondo.

Presso la cittadina di Monterotondo, sulla Via Salaria a nord di Roma, era stato impiantato il “Centro Marte”, sede di campagna dello S.M.R.E. Il centro era stato evacuato dalla sera dell’8 Settembre dal Gen. Roatta e dallo S.M. tutto; ciò non era noto ai tedeschi che avevano preparato un piano per impossessarsene. Un  gruppo di combattimento formato dal II° Battaglione del 6°Reggimento Paracadutisti, agli ordini del maggiore Walter Gericke, doveva decollare da Manfredonia (Foggia) ed effettuare un lancio sulla cittadina di Monterotondo. Mentre il Kampfgruppe Gericke, che ammontava a c.a. 650 uomini, decollava da Foggia, nello scalo ferroviario della cittadina laziale giungeva il Comando del 2° Reggimento di Fanteria, con Batteria di accompagnamento da 65/17, della Divisione Re. Nell’arco delle circa due ore e mezza di volo necessarie alla formazione tedesca per portarsi sull’obiettivo, al colonnello Edmondo De Renzi, Comandante del 2° Fanteria, pervennero una ridda di ordini contraddittori ed, alla fine, quello di trasferirsi a Palombara Sabina e, quindi, verso Tivoli. Alle ore 08:15 i paracadutisti prendevano terra e nonostante il gruppo di militari italiani si fosse disperso per quello che in un primo momento sembrava un attacco aereo, riordinatosi agli ordini dello stesso colonnello De Renzi, tentò di impegnare i paracadutisti atterrati nelle sue vicinanze, i quali tuttavia si sottrassero al contatto, puntando velocemente sul paese. Il lancio degli uomini del maggiore Gericke era stato alquanto disordinato. In un primo passaggio i cinquantadue Ju-52 aprirono il fuoco con le armi di bordo, anche per saggiare i centri di fuoco e la reazione da terra. Al secondo passaggio la contraerea italiana colpì due trimotori ed uno precipitò prima che gli uomini potessero lanciarsi. La compagnia comando era addirittura scesa al di là del Tevere e, impegnata in combattimento da un reparto della Divisione Piave al Ponte del Grillo, impiegò tre ore per guadagnare la strada per Monterotondo. Riferisce lo stesso maggiore Gericke:

“Mentre in piedi sul portello del mio aereo seguivo il lancio del battaglione, mi accorsi che la zona di atterraggio era sbagliata. Il mio reparto comando era sistemato su tre aerei e non feci in tempo ad avvertire gli altri due dell’errore. Non mi lanciai, feci virare l’aereo finché non scorgemmo il punto di riferimento a terra: allora abbandonai l’apparecchio e tutti gli altri uscirono dietro di me. Atterrammo a cento metri dal posto di comando tattico prestabilito, in mezzo ad un vigneto, accolti dal fuoco delle mitragliatrici. In lontananza sentii un vociare confuso, poi riconobbi la voce del mio sergente maggiore che si era introdotto dentro un casolare. Era il posto comando di tutta l’artiglieria contraerea del quartier generale. Ci volle poco per sopraffare e fare prigionieri la guarnigione e gli ufficiali italiani. Nel frattempo le altre compagnie avevano preso terra direttamente ai margini della città. I singoli gruppi avevano effettuato le operazioni d’assalto loro ordinate, avvicinandosi, combattendo, sempre di più al castello. Ovunque occorreva abbattere la resistenza di un avversario numericamente di gran lunga superiore, che si difendeva con mezzi di combattimento moderni di ogni calibro e tipo. La posizione avrebbe dovuto essere imprendibile, senza la sorpresa e la mancanza di coordinazione dei nostri. Non tutti, poi, sapevano nelle casematte della proclamazione dell’armistizio e, in un primo tempo, vi fu chi credette ad un aviolancio angloamericano, andando a chiedere persino aiuto, una volta riconosciute le divise tedesche delle truppe che si muovevano sul terreno, a quelli che si ritenevano ancora camerati ed alleati. "

Questo favorì notevolmente gli attaccanti che intorno a mezzogiorno riuscirono a portare i combattimenti nell’abitato di Monterotondo. Alla notizia del lancio vengono formate due colonne della “Piave” (la cui maggior parte si stava spostando verso S.Polo-Marcellina): la prima (comandata dal Gen. Pezzana) dirige su Ponte del Grillo (Via Salaria), rastrella la zona e punta poi su Monterotondo (dove giungerà verso la mezzanotte); l’altra, formata dal II° Battaglione del 58° Fanteria punta su Monterotondo percorrendo la rotabile da Mentana. Alle 14:00 il battaglione ingaggia elementi germanici nell’abitato; alle 15:30 giunge un reparto della P.A.I. con autoblindo e carri leggeri. Tali mezzi effettuano una puntata offensiva, ma con scarso successo. I tedeschi cercano di parlamentare, con la solita tattica dilatoria, ma i combattimenti continuano con i tedeschi che nel pomeriggio riescono a minare il castello ed il brillamento delle cariche costringe i difensori alle resa, anche perché gruppi di civili inermi avevano cercato scampo nei suoi scantinati. A Palazzo Orsini vennero catturati 15 ufficiali e 200 tra sottufficiali e soldati italiani. Conquistato l’obiettivo principale, iniziò il rastrellamento del paese. Vennero catturati 2500 militari, di cui 100 ufficiali, in pratica l’intera guarnigione. Il 2° Reggimento della “Re” dopo gli scontri della mattina, si va a trincerare nella parte occidentale del paese (campo sportivo), mentre il II° Battaglione del 58° Reggimento della Piave avanza combattendo nel paese. Scrive il Cap. De Flammineis, Comandante del battaglione della Piave che guidò l’attacco: “Le compagnie mossero inizialmente senza incontrare difficoltà, se non nel terreno, e senza che il nemico manifestasse reazione di fuoco. I reparti avanzati raggiunsero verso le 16,45 le prime case del paese ed allora soltanto i paracadutisti aprirono un fuoco vivace di armi automatiche. Vennero individuati dei paracadutisti sapientemente mascherati in mezzo a covoni di fieno, dietro un lungo muro di cinta. Dall’alto erano in grado di osservare tutti i nostri movimenti e ostacolare seriamente l’avanzata con l’impiego di numerose mitragliatrici e di alcuni mortai di tipo leggero. La batteria da 100/17 su mia richiesta sparò due o tre colpi su di una postazione di armi automatiche nettamente individuata dentro una casa. Limitai l’impiego dell’artiglieria, che avrebbe potuto essere molto utile, perché la popolazione era tutta dentro le abitazioni, e i militari e gruppi di civili prigionieri erano rinchiusi in diversi locali del paese. La 6a Compagnia, verso le 17,20, riuscì a far sloggiare i tedeschi da un grosso caseggiato presso il quale si trovava una stazione radio fissa della marina. Verso le 18, il battaglione, con le sue due compagnie avanzate, raggiunse il margine Sud del paese... Da allora in poi ad obiettivo parzialmente raggiunto, l’attacco del battaglione poté considerarsi terminato”.

La descrizione di fonte italiana viene sostanzialmente confermata dal resoconto del maggiore Gericke:

“Dopo una preparazione di artiglieria, gli italiani attaccarono dalla direzione di Mentana ed occuparono la stazione radio della marina militare. I paracadutisti furono costretti a ritirarsi fino alla zona del castello”.

Terminati i combattimenti alle 18:30 viene stipulata una tregua d’armi locale, con i germanici asserragliati nel Castello Orsini e gli italiani che occupano gran parte del paese.

 

Eventi

Mostra "Vite di IMI".

E' aperta la mostra "Vite di IMI - Internati Militari Italiani". Si tratta di un'esposizione storico-didattica tesa ad illustrare la vita degli oltre 600mila militari italiani deportati e internati nei lager tedeschi e della loro “Resistenza senza armi”.

Tutte le info sul sito: http://www.anrp.it/mostra/01mostra.html

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