MOTIVAZIONE MOVM
"Ufficiale di indomito ardimento, combattente di Francia, Croazia e di Russia, dove già fu l'eroe di epici episodi. Fremente per le delineatesi sventure d'Italia, accoglieva con gioia il più volte sollecitato ordine di condurre i suoi dragoni di "Genova" al battesimo del fuoco in difesa della Capitale d'Italia. Instancabile, si portava sempre nella parte più delicata e più esposta del suo schieramento, tra i suoi plotoni appiedati, sanguinanti per le continue perdite, animando e attaccando decisamente e personalmente il nemico con bombe e mitraglia ovunque si avvicinasse. Incurante di sé e premuroso dei suoi, non esitava a sostituirsi ad un suo subalterno ferito nel momento e nel punto in cui più forte e decisivo era il fuoco avversario. Ferito gravemente da granata, disimpegnava imperiosamente quelli che erano accorsi a sorreggerlo per inviarli a prendere munizioni, e si trascinava ad un mitra per spararvi l'ultima cartuccia. Quindi, si ergeva in piedi con la pistola in pugno per affrontare il nemico che avanzava veloce. Colpito da una scarica sparatagli a bruciapelo al petto, si abbatteva al suolo, immolando nobilmente la vita-Porta S.Paolo 10 Settembre 1943".
Al comando di un reparto di reclute del Deposito di Roma del "Genova Cavalleria", era accorso a Porta San Paolo in appoggio dei "Lancieri di Montebello" che, con centinaia di patrioti romani, tentavano di contrastare la conquista della Capitale da parte delle truppe tedesche. Cadde combattendo valorosamente nel corso degli scontri che, come ha ricordato nel sessantesimo anniversario della battaglia il Presidente Carlo Azeglio Ciampi, costarono la vita a 414 militari e 156 civili. Al nome di Vannetti Donnini è stata intitolata a Roma una piazza.
RICORDO DEL PRESIDENTE CARLO AZEGLIO CIAMPI
Ciampi a Porta San Paolo il giorno in cui è rinata la Patria.
Granatieri di Sardegna, lancieri di Montebello, fanti e artiglieri della «Sassari», carristi e soldati delle divisioni «Ariete» e «Piave», cavalieri del «Genova», carabinieri e poliziotti, donne e uomini di Roma, qui, davanti alle mura della capitale d'Italia combatterono due giorni e due notti, dopo l'8 settembre 1943. Caddero con le armi in pugno 414 militari e 156 cittadini di Roma. Centinaia furono i feriti. Vorrei ricordare ciascuno di loro, dal tenente colonnello Vannetti Donnini al capitano Sabatini, al sottotenente Floritto, ai carristi Lo Pizzo e Baldinotti, all'operaio di Testaccio Cecati, al professor Persichetti, al fruttivendolo Ricciotti, al sottotenente Nicoli che, costretto a guidare un camion nemico, lo condusse consapevolmente in un campo minato. La memoria è una corda fatta di molti fili, di storie di singoli individui che hanno seguito la propria coscienza. Tutti insieme, i fatti di quei giorni divengono epopea di un popolo, si spiegano soltanto con l'amor di Patria che proruppe genuino nella prova più difficile. L'8 settembre del '43 è stato l'esperienza più dura della mia generazione, l'ho ricordato in più occasioni. A Porta San Paolo, come a Napoli, come a Piombino - dove un anno fa ho consegnato la medaglia d'oro al valor militare - come in tanti altri paesi e città d'Italia, in quei giorni del settembre 1943 cittadini, uomini e donne, operai e studenti, si unirono spontaneamente ai soldati e agli ufficiali che si opponevano all'invasore. Ebbe inizio quell'unione di popolo che ha permesso all'Italia di resistere alla tragedia dell'occupazione e della separazione del territorio. Il filo dell'unità d'Italia non si spezzò. Ricordiamo gli 87.000 caduti appartenenti alle forze armate. Tra di loro ci sono gli eroi di Cefalonia, di Corfù, delle isole dell'Egeo, i marinai della «Roma» e tanti altri che non vollero cedere le armi. Ricordiamo quei 600 mila militari italiani che consapevolmente rifiutarono di collaborare con i nazisti e, per questo, scelsero l'internamento nei campi di concentramento. Molti di loro non sono più tornati. Tra qualche minuto mi recherò con voi a rendere omaggio a questi soldati che tennero fede al giuramento e che insieme a tanti civili diedero vita alla Resistenza, aprirono la strada al rinnovamento morale che condusse alle libere elezioni e al referendum del 2 giugno 1946, nella continuità e nella legalità dello Stato, mai venute meno. Per me quella di oggi è una tappa importante in quel viaggio nella memoria che ho intrapreso da quando sono Presidente della Repubblica e che mi ha portato ad onorare i caduti di El Alamein, i martiri di Sant'Anna di Stazzema, i soldati sepolti nella foresta di Tambov in Russia, a Piombino, a Cefalonia e oggi qui, a Porta San Paolo. Mentre si svolge questa cerimonia, militari di quei reparti che quasi sessant'anni fa combattevano qui, sono nei Balcani fianco a fianco con soldati francesi, tedeschi , inglesi e di numerosi altri Paesi europei, accomunati in una difficile missione di pace, affratellati da un unico progetto di unione dell'Europa. Questa è la più grande impresa affrontata negli ultimi secoli dai popoli del nostro continente, l'esperienza più avanzata di unione di popoli nella democrazia mai tentata fino ad oggi. Ricordiamo insieme, tutti noi europei, i fatti di allora. E' doveroso e importante. Aiuta le nuove generazioni a capire quanto straordinario sia il cammino che abbiamo percorso insieme, quanto sia vitale per il loro futuro il progetto di Unione europea che stiamo realizzando. Viva le Forze Armate Italiane, Viva l'Unione europea, Viva l'Italia.
11 Settembre 2001