ROMA 8 SETTEMBRE 1943: La battaglia per Roma
ROMA 8 SETTEMBRE 1943: La battaglia per Roma

BATTAGLIA ALLA MONTAGNOLA

Dopo il ripiegamento effettuato durante la serata del 9 Settembre dalla Magliana - Caposaldon.5  verso le nuove posizioni Forte Ostiense-Via Laurentina-Casa del Fascio Via Trisulti, la notte del 10 trascorse tranquilla, senza particolare attività tedesche. Alle ore 05:30 venica comunicato al comando della Granatieri la notizia della tregua d’armi, concordata dal T.Col. Giaccone, dalle 07:00 alle 10:00.I germanici approfittano di questa situazione per effettuare proditoriamente dei colpi di mano. Alle 06:45 attaccano il caposaldo n.8 (km. 8 della Via Ardeatina) appoggiati anche da mezzi corazzati (probabilmente cannoni semoventi Marder). Dopo un’ora di combattimenti la situazione si fa critica e alle ore 08:00 il caposaldo n.8 ripiega sul posto di blocco retrostante (sempre su via Ardeatina); alle 09:00 ripiega anche il caposaldo n.9 (Via Appia).

Al caposaldo n.5 alle ore 06:45 i tedeschi attaccano sul rovescio il posto di comando del 1° Reggimento Granatieri alla Montagnola, insediato presso l’ex sede del Fascio Laurentino in via Trisulti. In quel momento il Col. Di Pierro stava tenendo a rapporto i suoi comandanti di battaglione: due autoblindo AB41 del Montebello effettuano una coraggiosa puntata di alleggerimento ma vengono centrate dal preciso tiro controcarro dei paracadutisti germanici e si incendiano, provocando la morte dei rispettivi equipaggi.

 

Racconta Don Pietro Occelli, parroco della Chiesa della Montagnola, testimone di quelle drammatiche ore: “Ero al forte Ostiense, nella cappella dell’Istituto Gaetano Giardino, istituto che ospitava circa quattrocento bambini orfani di guerra e minorati psichici, sotto l’assistenza di trentacinque suore francescane Alcantarine. Nei cortili e nei sotterranei del forte erano attestati ottocento granatieri, il cui comando di reggimento era in via Trisulti nella sede dell’ex fascio locale. I feriti vennero accolti nelle case della Montagnola e medicati alla meglio, mentre si stringeva un segreto patto tra militari e borghigiani.

Alle 6,00, distribuzione del caffè ai soldati, mentre alcuni camion scaricavano munizioni, mitragliatrici su treppiede e un’insistente motocarrozzetta entrava ed usciva per portarsi via gli ufficiali superiori, convocati non si è mai saputo da chi e perché.[1]Sguarnito di superiori, il presidio del forte chiedeva e riceveva notizie contraddittorie. I sergenti correvano dai sotterranei ai cortili, sui ciglioni delle scarpate verso il Tevere, a distribuire soldati e armi, e a dare consegne. La torre del forte ricordo che aveva da poco dato i tocchi delle 6,00, quando si udì un fitto e nutrito fuoco di fucileria, e si videro cadere a centinaia foglie e rami degli eucalipti che circondavano l’istituto. I tedeschi erano ormai insediati e armatissimi nel Palazzo della Civiltà Fascista all’EUR (l’attuale Palazzo della Civiltà Italiana), nel Palazzo degli Uffici e sui ripiani della Chiesa dei SS. Pietro e Paolo. Alle 7,00 non c’era più un vetro sano. I fucili 91 presero subito a rispondere. Le nostre mitragliatrici parvero ben presto inferiori a quelle tedesche dal fuoco feroce e tagliente. I primi feriti vennero portati nell’infermeria, dove le suore si prodigarono da perfette infermiere quali erano. Alle 7,00 da uno spiazzo del Palazzo della Civiltà un ben piazzato mortaio dei paracadutisti tedeschi cominciò a battere colpi micidiali contro il bastione del forte, sul lato dove i nostri, per le feritoie e le finestre dei corridoi sotterranei si erano appostati e sostenevano il fuoco. Alcuni “diavoli verdi”, armati di pistole-mitragliatrici, avevano superato la via Imperiale (l’odierna Cristoforo Colombo) e l’Ostiense, ed erano riusciti con alcuni lanciafiamme, a portare l’incendio ai pagliai e al pollaio e ai laboratori dei ricoverati.” Fu allora che a don Pietro toccò il compito della resa. Alzato sopra una pertica un lenzuolo, si avviò verso l’ufficiale tedesco che bestemmiava in mezzo ai bambini e alle suore. Spiegò che si trattava di un orfanotrofio, che i soldati avrebbero cessato il fuoco e deposto le armi. I combattimenti continuavano nella zona circostante della Montagnola: i granatieri, i lancieri, una compagnia paracadutisti supportati da molti civili della zona continuavano a resistere avendo come appoggio tattico la cosidetta “casa rossa”(l’ex casa del fascio laurentino) e la casa di Quirino Roscioni, il fornaio della zona, già mutilato della Grande Guerra, che aveva preso le armi egli stesso. In questi scontri cadde il S.Ten. Luigi Perna, della Granatieri, insignito di M.OV.M. Alle ore 08:00 la situazione si fa insostenibile, data l’impossibilità di fermare le infiltrazioni germaniche. Il Col. Giordani manda un emissario presso il comando della Granatieri (ora alla caserma Macao in Castro Pretorio) dove il il Gen. De Rienzi (Vice comandante la divisione) e il Col. Di Pierro, accertata l’impossibilità di avere rinforzi, ordinano al Montebello e alle truppe rimanenti di ripiegare sull’asse S.Paolo-Garbatella-Testaccio e al Montebello di concentrarsi nella caserma di S.Croce in Gerusalemme, lasciando un velo di retroguardia. Saranno 54, tra militari e civili, i caduti alla Montagnola. Tra questi il già menzionato Quirino Roscioni, il fornaio, che aveva trasformata con soldati e popolani la casa e il forno quale ultima trincea; egli, esaurite le munizioni, procurò ai militari dei vestiti borghesi per metterli in salvo, quindi con la cognata D’Angelo Pasqua, attese la sorte che i tedeschi gli avrebbero data. Cacciato di casa, chiese di raggiungere la parrocchia. Gli fu concesso, ma quando si trovava a pochi passi dalla chiesa, una raffica di mitra lo colpiva mortalmente, assieme alla cognata. Allo stesso modo, alle porte della chiesa, vennero uccisi altri sette parrocchiani.

 

[1] Probabilmente convocati dal Col. Di Pierro che proprio in quel momento teneva rapporto, come già descritto.

 

Itinerari della Memoria alla Montagnola
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Itinerari nella Roma dell'8 Settembre-a cura dell'ANPI
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L’eroe Luigi Perna, il granatiere d’Irpinia che fu martire della libertà

Nativo di Avellino, morì in combattimento a soli 22 anni

17/06/2014
Roma, la città eterna, il faro della storia, della cultura, dell’arte, del diritto, che da millenni illumina il mondo, la città che fu difesa nei giorni più cruenti della seconda guerra mondiale da giovani soldati italiani, sostenuti dal popolo delle borgate, che si opposero, fino al sommo sacrificio, all’avanzata verso la capitale delle truppe naziste.
La difesa di Roma fu una pagina tragica quanto gloriosa della storia italiana del secondo conflitto mondiale, un atto di eroico coraggio e di amore per la Patria di cui furono leggendari protagonisti quei militari che non vollero piegare la testa alle Ss e di quel popolo che li ha aiutati, moralmente e materialmente, combattendo al loro fianco, nascondendoli, fornendo loro cibo, curando i feriti e seppellendo i caduti, anche sacrificando la propria vita.
In quello scorcio del 1943, il partito nazionale fascista non esisteva più, il Gran Consiglio del fascismo, votando l’ordine del giorno Grandi, aveva decretato la fine politica di Mussolini e del Pnf come partito politico che incarnava lo Stato italiano. L’armistizio, firmato il 3 settembre a Cassibile e reso pubblico il giorno 8 dello stesso mese, aveva lasciato il paese nel più completo caos, mentre le forze armate, senza ordini e allo sbando totale, erano state tradite da un sovrano in fuga (Vittorio Emanuele III) e dal nuovo governo (presieduto da Badoglio) assolutamente incapace di riorganizzare una seppur minima difesa del territorio. In un contesto militare e politico così confuso e senza punti di riferimento istituzionali, si compì il primo straordinario atto di Resistenza al nazifascismo: militari di diversa estrazione, gente comune e figure religiose, tutti uniti decisero di opporsi a uno strapotere militare desideroso di sfogare la propria ferocia sulla popolazione senza distinzione alcuna.
Dall’8 al 10 settembre 1943, giovani eroi in divisa, aiutati da gente comune, popolani delle borgate romane, sacerdoti e suore, eroi anch’essi, senza indugi e senza ripensamenti impugnarono le armi per compiere i primi atti della Resistenza, una Resistenza civile, necessaria e spontanea, atto fondativo della Resistenza armata, organizzata e strutturata militarmente. E la “Battaglia della Montagnola” segnò per l’Italia la ripresa della propria identità nazionale e la consacrazione di quei valori, imprescindibili e intoccabili, che i padri della Repubblica posero a fondamento della Costituzione. Nelle strade della capitale nacque, così, una Resistenza senza guerra civile, che rappresentò, quindi, una svolta decisiva nello scacchiere degli schieramenti in lotta sul suolo italiano.
Tra gli eroi che immolarono la propria purissima vita combattendo contro i nazisti, ci fu anche un meraviglioso figlio d’Irpinia, il giovanissimo Luigi Perna, sottotenente dei Granatieri, morto in combattimento a soli 22 anni.


L’arruolamento
nel corpo dei granatieri

Luigi Perna nacque ad Avellino il 12 ottobre 1921 da Umberto e Annita Jacchei. Il padre, nato nel 1892, entrò giovanissimo nel corpo dei Granatieri e fu decorato con la medaglia di bronzo per gli eroici atti compiuti sul Monte Cengio nel corso della prima guerra mondiale. Combattente in Albania, sul fronte greco, in Africa, fu insignito di un’altra medaglia di bronzo, una medaglia d’argento e una croce di guerra al valor militare. Umberto Perna si trovava anch’egli a Roma nei giorni tragici dell’occupazione nazista e partecipò alla strenua e impossibile difesa della città. Dopo la guerra, nonostante l’estremo dolore per la tragica perdita del suo unico figlio, rimase nell’esercito con il grado di generale fino al conseguimento della pensione.
Luigi Perna, fin da piccolo, come consuetudine, fu inquadrato nelle organizzazioni giovanili del fascismo. Allo scoppio della guerra, avendo intrapreso gli studi universitari presso “La Sapienza” di Roma, si ritrovò membro della Gioventù universitaria fascista. Aggregato alla Compagnia dei volontari universitari del terzo reggimento Granatieri a Viterbo, con i gradi di caporale e poi di sergente partecipò alla campagna di Grecia. Successivamente, frequentò il corso allievi ufficiali ad Arezzo. Nominato sottotenente, il giovane universitario fu destinato al 41° Reggimento Fanteria Modena. Presentata domanda per rimanere nel corpo, ottenne l’assegnazione al terzo reggimento Granatieri di Albania, primo battaglione, seconda compagnia, e poi fu trasferito al primo reggimento Granatieri, secondo battaglione. Pur continuando la carriera militare, si distinse per i brillantissimi risultati conseguiti nel corso del suo cammino universitario, potendosi laureare già a 22 anni in Giurisprudenza, ma quel dieci settembre di settantuno anni fa, l’irpino Luigi Perna, al comando del “Plotone Esploratori del I Battaglione del I Reggimento Granatieri di Sardegna”, decise di reagire contro l’invasione nazista di Roma, combattendo prima nei pressi del ponte della Magliana e poi, costretto ad arretrare con tutti i suoi uomini, nella zona dell’Eur e successivamente alla Montagnola, dove fu ucciso inneggiando la Patria con altri Granatieri del suo eroico e magnifico plotone.


La difesa di Roma e la battaglia
della Montagnola

La prima reazione del comando tedesco alla promulgazione dell’armistizio si trasformò nell’ordine di mobilitazione delle truppe di stanza nella zona sud di Roma, con un unico obiettivo: spezzare ogni forma di resistenza per prendere possesso della capitale. Su un fronte lungo 28 chilometri nel settore meridionale, diviso in tredici capisaldi e quattordici posti di blocco, era schierata la Divisione Granatieri di Sardegna, al comando del generale Gioacchino Solinas. Tale cintura di difesa era stata concepita per contrastare un eventuale attacco angloamericano. Le truppe tedesche scatenarono una prima violentissima offensiva tra le zone di Ostiense, Laurentina e Capannelle. La Divisione Granatieri e i reparti a essa aggregati, tra cui Carabinieri, Carristi, Paracadutisti, Guastatori e Bersaglieri, si ritrovarono nel pieno della battaglia intorno alle ore 21 dell’8 settembre nella zona del ponte della Magliana e le ostilità si allargarono su tutti i capisaldi fino all’area della Piramide Cestia, del Colosseo, di Porta San Paolo e di San Giovanni. Una nuova linea di sbarramento venne eretta nella zona della Montagnola, dove fu dislocato il I Reggimento dei Granatieri, comandato dal colonnello Mario Di Pierro. Qui gli scontri ebbero inizio intorno alle 6 del mattino del 10 settembre. Le truppe tedesche, soverchianti per uomini e mezzi, avevano travolto le difese allestite nei pressi del ponte della Magliana e si erano insediati nel quartiere dell’Eur. Circa ottocento Granatieri rimasero asserragliati nel forte Ostiense e furono messi sotto attacco dal fuoco di fucileria dei nazisti, proveniente dalla zona dell’attuale palazzo della Civiltà Italiana, dal "Palazzo Uffici" o palazzo dell’Esposizione e dai ripiani della "Basilica parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo" Basilica dei Santi Pietro e Paolo. Aggregato al forte, dove resistevano strenuamente i Granatieri, vi era l’istituto religioso “Gaetano Giardino”, che ospitava bambini orfani e disabili, sotto la direzione di un sacerdote paolino, don Pietro Occelli. Il forte fu preso di mira dal fuoco dei mortai tedeschi e alcuni paracadutisti delle Ss, utilizzando i lanciafiamme, appiccarono il fuoco ad alcune strutture dell’Istituto. E fu lo stesso don Pietro a innalzare un lenzuolo bianco per dichiarare la resa, mentre le suore curavano i feriti e provvedevano a fornire abiti civili ai soldati sopravvissuti per non renderli riconoscibili, così da scongiurare la loro cattura. La battaglia proseguì nelle strade circostanti la scuola elementare di Via Nonantola e i campi attorno alla Montagnola, poi divenne un piccolo forte anche l’abitazione di un’altra figura eroica, il fornaio Quirino Roscioni, già mutilato della prima guerra mondiale. Da fortilizi improvvisati, i Granatieri, con altri soldati e gente comune, cercarono di resistere “fino all’ultima cartuccia” all’avanzata dei tedeschi diretti verso Porta San Paolo. Terminate le munizioni, Roscioni e i familiari iniziarono, così come avevano fatto le suore, a distribuire vestiti borghesi ai militari per metterli in salvo. Con l’arrivo dei tedeschi, Roscioni e la cognata, Pasqua Ercolani, furono trascinati fuori dall’abitazione e uccisi con una raffica di mitra. L’avanzata delle truppe naziste proseguì lungo via Ostiense sino a Porta San Paolo, ultima e disperata linea resistenziale che cadde nel tardo pomeriggio del 10 settembre.


Il sacrificio di Perna
Negli atti eroici per la difesa di Roma si innalzarono quegli altissimi valori che successivamente troveranno il loro compimento nella Resistenza. E proprio dalla Guerra di Liberazione trasse la propria linfa vitale la Costituzione repubblicana. La Resistenza e la Costituzione, pagine meravigliose dell’identità nazionale, unici baluardi di libertà e di giustizia della storia italiana. E la Resistenza, idealmente, ebbe inizio durante quei combattimenti nei quartieri di Roma, dove cadde a soli 22 anni l’irpino Luigi Perna.
Il sottotenente nativo di Avellino era stato inviato in ricognizione nelle zone presidiate dai tedeschi. Catturato, riuscì a fuggire e si oppose fino all’ultimo respiro all’avanzata dei nazisti e si distinse per l’eroismo dimostrato negli scontri avvenuti al ponte della Magliana, all’Eur e nel quartiere della Montagnola, dove venne colpito a morte. Fu don Pietro Ocelli a ritrovare per strada, il 10 settembre 1943, il corpo senza vita di Perna, probabilmente colpito da schegge di un proiettile anticarro già il giorno precedente. Don Pietro raccontò nei suoi diari di aver ritrovato nel tascapane di Perna due sfilatini che il fornaio Quirino Roscioni gli aveva dato, e che lo stesso Perna voleva dividere con il suo attendente, Agostino Scali, il quale, uscito allo scoperto per lanciare al suo superiore una sacca di munizioni, rimase ucciso da una raffica di mitra. Perna morì con i due sfilatini intatti in tasca, morì nel tentativo, disperato e irrealizzabile, di frenare l’avanzata della furia tedesca. Don Pietro chiuse gli occhi al giovane ufficiale irpino e a chi immolò la propria vita in quegli scontri. Questo eroico sacerdote fu poi uno dei fondatori della Prima Brigata Partigiana di Roma e mise in salvo numerosi rifugiati dalle rappresaglie del famigerato questore Caruso e del torturatore nazista Kappler. Don Pietro fu anche insignito della medaglia d’argento per l’attività partigiana.



La medaglia d’oro al valore militare
e la laurea ad honorem

Umberto di Savoia, in quella data principe di Piemonte e luogotenente generale del regno, di “moto proprio”, con decreto del 23 ottobre 1945 del Ministero della Guerra, conferì la medaglia d’oro al valor militare alla memoria al “Sottotenente di Complemento del 1° Reggimento Granatieri di Sardegna Luigi Perna”, con la seguente motivazione: “Ufficiale di elette virtù militari chiese più volte di essere impiegato in combattimento. Ottenuto il comando di un plotone esploratori ed inviato in ricognizione di posizioni tedesche, veniva catturato. Con fredda audacia e pericolo gravissimo, riacquistava la libertà fornendo al comando notizie preziose per la pronta reazione della difesa. Saputo il suo battaglione già impegnato nella notte in aspri combattimenti, lo raggiungeva e, assunto il comando di un plotone, dava nuove audaci prove di coraggio. Rimasto isolato col suo reparto di retroguardia, nel tentativo di ristabilire un indispensabile collegamento, percorreva con cosciente sprezzo della vita un tratto di terreno scoperto e battuto a brevissima distanza dal nemico avanzante. Ripetutamente colpito cadeva invocando nella sua ultima parola la Patria adorata.
Ponte della Magliana – Esposizione Universale – La Montagnola, 8-10 settembre 1943”.
Perna fu strappato alla vita a soli 22 anni, mentre stava terminando brillantemente i suoi studi universitari. Il suo martirio fu alla base della motivazione con la quale la Regia Università di Roma volle glorificare le sue valorose gesta. Infatti, in nome del sovrano Umberto di Savoia, il professor Giuseppe Caronia, rettore dell’ateneo capitolino, in data 28 gennaio 1946, conferì a Luigi Perna la Laurea “Ad Honorem” in Giurisprudenza.




I monumenti di Roma
e le lapidi di Avellino

In quei giorni fatali del settembre 1943, gli atti eroici di militari del regio esercito, i quali avevano ricevuto solo l’ordine di resistere fino all’ultima cartuccia, ma lasciati allo sbando senza conoscere la situazione politica e strategica contingente, segnarono radicalmente la storia della Resistenza al nazifascismo. I vertici militari e politici italiani non furono in grado di tracciare un piano organico per la difesa di Roma e le loro indecisioni furono oggetto di polemiche roventi, accuse incrociate e anche di commissioni d’inchiesta, queste ultime conclusesi con “assoluzioni”, mentre tutte le risultanze furono coperte dal “segreto di Stato”.
Seppur privi di ordini coerenti, di collegamenti e di rifornimenti, uomini in divisa, sostenuti da popolani e religiosi, versarono un altissimo tributo di sangue a una causa comune: difendere la città di Roma dall’attacco dell’esercito di Hitler. E i loro atti di eroismo, atti fondativi della Resistenza, non sono stati cancellati da mediocri revisionismi storici e culturali, o da colpevoli tentativi di rimozione della memoria storica.
Oggi, nella zona dell’Eur sorge Piazza della Battaglia della Montagnola. E in questo luogo divenuto sacro, sono stati eretti una colonna e un “muro della memoria”, dove sono incisi i nomi dei caduti, militari e civili, valorosi protagonisti di quei giorni. Un altro monumento commemorativo si trova sempre a Roma in Piazza Santa Croce in Gerusalemme, nei pressi del museo storico dei Granatieri: sui marmi è possibile leggere i nomi degli appartenenti al corpo militare caduti nel corso della seconda guerra mondiale e decorati con medaglia d’oro, tra i quali anche Luigi Perna.
Il Comune di Roma intitolò all’eroe nativo di Avellino anche una strada, dove al civico 3 è situata la Cripta della Resistenza, che si trova nella Chiesa di Gesù Buon Pastore, di cui fu parroco proprio don Pietro Occelli. All’interno è possibile ammirare preziosi affreschi che ricordano il tragico bombardamento di San Lorenzo e il massacro delle Fosse Ardeatine, poi vi sono due bassorilievi che raffigurano le Battaglie della Montagnola e di Porta San Paolo, e sulle mura sono impresse delle epigrafi con i nomi dei caduti.
La città di Avellino, invece, ha intitolato in memoria di Luigi Perna una piazza, inoltre porta il suo nome la scuola elementare e d’infanzia del VI circolo didattico. Sulla facciata del plesso scolastico, l’Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna pose una lapide il 26 settembre 1987 in ricordo di “Luigi Perna – medaglia d’oro al valore militare – caduto alla difesa di Roma – 10 settembre 1943”. L’Associazione del corpo militare in cui avevano prestato servizio il giovane Perna e suo padre aveva già donato alla città di Avellino, il 7 settembre 1969, un’altra lapide commemorativa, che è possibile ancora ammirare sulla facciata dello storico Palazzo De Peruta, già sede in passato del municipio. Sulla maestosa lastra di marmo furono incise queste parole: “Mentre questa città dove egli era nato il 12 ottobre 1921 – subiva più atroce il martirio – nel settembre 1943 - Luigi Perna – figlio di valoroso granatiere – e granatiere egli stesso – donava senza esitare innanzi alle mura di Roma – la giovane vita – dischiusa a sicuri destini – di cultura d’arte di virtù civili – in pegno dell’onore dell’Italia – narra la storia – l’epica vicenda e il consapevole olocausto – onde a lui fu decretata la medaglia d’oro – canterà la leggenda – il leonino valore e l’animo generoso – verrà qui ad ispirarsi – perché il sacrificio – non sia stato vano – la vera e migliore gioventù”. E che queste parole siano per sempre scolpite nell’animo e nel cuore del popolo irpino.

Tratto da http://www.corriereirpinia.it

Eventi

Mostra "Vite di IMI".

E' aperta la mostra "Vite di IMI - Internati Militari Italiani". Si tratta di un'esposizione storico-didattica tesa ad illustrare la vita degli oltre 600mila militari italiani deportati e internati nei lager tedeschi e della loro “Resistenza senza armi”.

Tutte le info sul sito: http://www.anrp.it/mostra/01mostra.html

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