A seguito della caduta di Mussolini, il 25 luglio 1943, l'ambasciatore tedesco in Italia, von Mackensen, fu richiamato in Patria, accusato da Hitler di non esser stato in grado di preavvertire
Berlino del "colpo di Stato" ai danni del duce del fascismo. A Villa Wolkonsky, allora sede dell'ambasciata tedesca a Roma, giunse a sostituirlo come incaricato d'affari Rudolf Rahn. Nonostante il
precedente del 25 luglio, tuttavia, né Rahn, né il console tedesco a Roma, Eitel Moellhausen furono in grado di anticipare la notizia dell'armistizio italiano dell'8 settembre. L'attonito Rahn
ricevette la notizia direttamente dal ministro degli esteri di Badoglio, Raffaele Guariglia, che gliela comunicò personalmente solo attorno alle 19:45 dell'8, quasi in coincidenza con la diffusione
via radio dell'annuncio della fine delle ostilità verso gli angloamericani. Guariglia illustrò personalmente e francamente la situazione ai suoi interlocutori tedeschi i quali, avendo di conseguenza
un chiaro quadro della portata dell'evento, senza indugi trassero drastiche conclusioni e, informata Berlino dello straordinario evento, chiesero ed ottennero il permesso di lasciare al più presto la
capitale italiana. Fu pertanto avviata in gran fretta la distruzione di pratiche e documenti segreti e sensibili dell'ambasciata; quindi il personale, grazie anche all'aiuto di amici italiani e di
colleghi di altre legazioni, provvide nel giro di poche ore a liquidare ogni pendenza, dalla chiusura dei conti correnti bancari alla risoluzione di contratti d'affitto. Il ministero degli Esteri
italiano, dando prova di quell'organizzazione e freddezza che la sera dell'8 settembre parvero del tutto mancare al Quirinale e a Palazzo Baracchini (sede del Ministero della Guerra), fece preparare
alla stazione Termini un treno speciale per rimpatriare i diplomatici tedeschi.
Rahn e Moellhausen non ebbero dubbi sul da farsi, né si attendevano che la capitale italiana potesse cadere subito in mani tedesche e pertanto accettarono, assieme al personale dell'ambasciata, di
servirsi senz'altro del treno per lasciare al più presto Roma, smentendo quanti ex post hanno sostenuto che la prospettiva di una rapida occupazione nazista fosse scontata ed inevitabile. Il treno
dei diplomatici tedeschi lasciò la stazione in piena notte, poco prima che il piccolo corteo di auto con a bordo i reali d'Italia lasciasse furtivamente (fu utilizzato un ingresso secondario in via
Napoli) il Ministero della guerra verso la via Tiburtina. Secondo Moellhausen, il treno viaggiò verso Terni, dove fu deviato verso la linea della costa adriatica, senza che nessuno sapesse sin dove
sarebbe potuto arrivare. Il treno, a bordo del quale erano anche diversi italiani, rimase fermo presso una piccola stazione, durante quasi tutta la giornata del 9, senza che i diplomatici tedeschi
riuscissero a contattare i propri superiori, sinché un capostazione convinse un conduttore a far ripartire il treno in direzione nord. Il convoglio giunse infine a Verona, che i passeggeri fuggiaschi
trovarono già caduta in mani tedesche: Moellhausen e Rahn poterono così contattare i loro superiori a Berlino. Stupefatti ricevettero l'ordine di tornare immediatamente a Roma, assieme con tutto il
personale: la capitale italiana, appresero, era stata abbandonata dal Re e dal governo e, lasciata senza una coerente difesa, era ormai controllata dai soldati tedeschi. Tratto da Arrigo Petacco, La
Seconda Guerra Mondiale.