LE TRATTATIVE PER IL CESSATE IL FUOCO
Alle ore 17:00 del 9 Settembre si presentò il Cap. Schacht presso il comando della Div. Centauro II, latore di un messaggio verbale da parte del Gen. Student (Comandante del XI° Corpo Paracadutisti tedeschi) che comunicava al T.Col. Leandro Giaccone (Capo di S.M. della Divisione) il seguente messaggio: “La Centauro è armata con armi tedesche, è stata istruita da istruttori tedeschi, è formata da gente che ama la Germania. Finora i tedeschi hanno fatto l’impossibile per evitare un contatto con questa divisione. E’ inutile spargere sangue fraterno tanto più che Roma non è difendibile. La Centauro deponga le armi; il Gen. Student promette di lasciare andare tutti a casa, e concede alla bandiera e agli Uff.li l’onore delle armi”.
Il Gen. Calvi di Bergolo, Comandante la Divisione, riferì la proposta al Gen. Carboni, rintracciato a Tivoli, il quale ritenne la proposta accettabile se estesa a tutte le truppe in Roma. In conseguenza di ciò il T.Col. Giaccone si recò si recò a Frascati per conferire direttamente con il M.llo Kesserling. La discussione iniziò in tarda serata e durò fino alle 01:30 del 10 e furono stabiliti i seguenti termini di resa:
-Roma sarebbe stata dichiarata “città aperta”;
-I tedeschi si impegnavano a mantenere fuori da Roma le loro truppe secondo un grafico che Giaccone riportò con sé; chiedevano però di occupare l’ambasciata germanica, la sede dell’EIAR e la centrale telefonica tedesca al Viminale;
-A Roma sarebbe stato istituito un Comando italiano per l’ordine pubblico, con al suo comando una divisione senza artiglieria e le forze di Polizia;
-Le truppe delle altre divisioni sarebbero state collocate in licenza illimitata, previo versamento delle armi e dei materiali.
Giaccone rientrò a Tivoli con la suddetta proposta che Carboni giudicò “accettabilissima”, anche se di fatto si trattava di una resa senza condizioni. Il Carboni si giustificò successivamente dicendo che accettò di discutere le condizioni di resa al fine di non far spostare le divisioni di Kesselring verso Salerno, dove il giorno prima erano sbarcati gli alleati.
Il T.Col. Giaccone veniva inviato alle 07:00 del 10 al fine di stenderle per iscritto; veniva, inoltre, stabilita una tregua d’armi dalle 07:00 alle 10:00. Nella mattinata del 10 i tedeschi richiesero di aggiungere un Comando germanico in Roma che rendeva nullo, di fatto, la clausola di Roma “Città Aperta”. Le discussioni procedettero e si conclusero con un ultimatum: o gli italiani avrebbero firmato la resa per le 16:00 del 10 o i tedeschi avrebbero proceduto a bombardare Roma e a far saltare gli acquedotti.
LA CAPITOLAZIONE
Il T.Col. Giaccone, ricevuto l’ultimatum germanico rientrava in Roma da Frascati (nel mentre i tedeschi attaccavano furiosamente alla Montagnola in totale spregio della tregua d’armi). Carboni, come già visto, rientrava a Roma e conferiva con il Ministro della Guerra Sorice che gli faceva cambiare idea sulle condizioni di armistizio (emetteva quindi gli ordini per Ariete, Piave e Porta S.Paolo). Contattato telefonicamente dal Giaccone dichiarava che le nuove condizioni tedesche divenivano “inaccettabili”. Suggeriva, infine, di recarsi dal Ministro Sorice per istruzioni. Sorice dichiarava di essere un mero “organo amministrativo” e, quindi, non abilitato a decisioni politiche, ci si rivolgesse al Maresciallo Caviglia, la più alta autorità militare presente in Roma. Il Maresciallo Caviglia, presente casualmente in Roma in quei giorni (doveva avere un colloquio con il Re), si era messo a disposizione del Re, nello sbandamento generale, per dare continuità all’azione di governo in Roma. Arriva nel frattempo (dal suo comando di Tivoli, convocato da Carboni) il Gen. Calvi e discute con Caviglia e Giaccone sul da farsi: il vecchio Maresciallo suggerisce di accettare l’accordo e di cedere alla violenza, non essendoci altra alternativa. Alle 14:00 Calvi e Giaccone si riuniscono a Palazzo Caprara con Sorice (Ministro della Guerra) e Carboni per prendere la decisione finale. Sia Carboni che Sorice dicono che non si fidano dei tedeschi e che, comunque, le condizioni non sono accettabili. La situazione diventa sempre più grave, si odono colpi di cannone, raffiche di armi automatiche, la battaglia si avvicina (in effetti si sta combattendo alla passeggiata archeologica), il timore della minacciata rappresaglia incombe. Si decide di firmare: inizia il palleggiamento su chi dovrà firmare la resa, nessuno vuole apporre la propria firma su un documento poco onorevole e, soprattutto, che comprometterà “il futuro politico” di chi lo fermerà. Si propone volontariamente il T.Col. Giaccone e tutti plaudono al coraggioso sacrificio dell’Uff.le. Il Gen. Calvi viene nominato da Sorice Comandante del costituendo Comando di Roma Aperta. Calvi si schermisce ma alla fine non può rifiutare.
I giochi sono fatti, alle ore 15:30 il T.Col. Giaccone parte da Roma per Frascati, giungendovi alle ore 16:30 dove procede alla firma della resa. Nonostante ciò i combattimenti proseguiranno fino alle 20 della sera. Più tardi, a Palazzo Caprara, il Col. Montezemolo spiegava ai capi di Stato Maggiore delle divisioni i termini dell’accordo (consegna armi ed equipaggiamento); emerge chiaramente che, a parte le divisioni Ariete, Piave, Granatieri, Centauro II (che peraltro nulla ha fatto) tutto il resto si è ormai liquefatto. Le truppe ancora non sbandate rientrano nelle loro rispettive caserme in attesa di ordini dal Comando Roma Città Aperta.