Gioacchino Solinas era nato a Bonorva, in provincia di Sassari, il primo settembre del 1892. Dopo aver frequentato corsi all’accademia di Modena (1911-1912) entrò nell’arma dei Bersaglieri. Durante la Prima Guerra Mondiale con il grado di capitano comandò l’VIII compagnia del X reggimento Bersaglieri. Le sue note matricolari sono eccellenti. Pluridecorato sia nella Prima che nella Seconda Guerra Mondiale, fu promosso Generale sul campo nel fronte albanese, fu decorato due volte con la medaglia d’argento al Valor Militare, due volte con Croce al merito di guerra, e infine con medaglia di bronzo. Il suo libretto personale rivela un profilo di soldato e di ufficiale assai alto. Nel primo rapporto comunicativo si legge che il S.Ten. Solinas Gioacchino del 2° Reggimento Bersaglieri è «un ottimo comandante di plotone». Durante la Grande guerra lo troviamo col grado di capitano comandante dell’VIII compagnia del 10° Bersaglieri: ferito ad una mandibola da una scheggia di granata, dopo la convalescenza viene assegnato al 2° reggimento mitraglieri di marcia. Dalla fine della Grande Guerra all’inizio del secondo conflitto mondiale Solinas svolse la sua attività di soldato specialmente all’estero: prima in Cirenaica, poi al presidio militare italiano di Zara agli ordini di Giovanni Messe che concludendo il suo rapporto relativo all’anno 1930, descrive così il maggiore Solinas: «È veramente un bell’ufficiale su cui, in ogni circostanza di guerra e di pace, si potrà fare il più ampio e sicuro assegnamento. OTTIMO comandante di battaglione». Nel 1939 come comandante della XVI Brigata coloniale assunse importanti ruoli di governo nella città di Gondar. Il suo superiore – generale Quirino Armellini – scriveva nelle note caratteristiche: «Il colonnello Solinas si è dimostrato, come da lunghi anni gli è sempre stato riconosciuto, un ottimo Comandante». Nel secondo conflitto mondiale partecipò alle operazioni, prima sul fronte albanese, dove si distinse per capacità e coraggio. Venne promosso sul campo generale di Brigata con la seguente motivazione: “Comandante di una forte colonna di attacco, da lui saldamente forgiata, annientava con audace manovra la tenace resistenza nemica e penetrava profondamente nello schieramento avversario, portando valido prezioso concorso all’azione di una grande unità di primo urto. Nella lunga strenua difesa d’un delicatissimo settore ripetutamente attaccato da forze soverchianti resisteva tenacemente conservando intatte le importanti posizioni affidategli e guidando, alla testa dei suoi reparti, trascinati dall’ardore e dal suo coraggio, sanguinosi contrattacchi. Comandante di salda tempra: sagace e pieno di iniziativa, organizzatore e trascinatore d’eccezione. “
Nel 1941 viene destinato sul fronte Russo come vicecomandante della 3^ divisione Celere. Proprio in Russia ritrova il suo vecchio comandante, Giovanni Messe, ormai divenuto generale di Corpo d’Armata nonché comandante del CSIR. I giudizi su Solinas sono sempre eccellenti. Nelle comunicazioni delle note caratteristiche leggiamo: “Nella campagna di Russia ha confermato di possedere superbe doti di capo intelligente, coraggioso, ardito. Molto sicuro di sé, è energico e deciso. La sua opera attivissima ha molto contribuito all’affermazione della 3a divisione Celere nella prima fase della campagna. Ufficiale generale di sicuro e alto rendimento. Encomio la vostra intelligente, coraggiosa dinamica e ardita opera di comandante durante la campagna di Russia. (f.to Il generale di C. A. Comandante - Giovanni Messe). “Dopo le campagne d’Albania e di Russia le condizioni fisiche di Solinas erano divenute preoccupanti. Oltre alle frequenti febbri dovute alla malaria contratta in Albania egli soffriva di una sciatica dovuta alle fatiche del fronte russo. Dopo una degenza all’ospedale di Milano il 28 agosto del 1942 viene destinato alla divisione di fanteria Cremona, come comandante divisionale della fanteria. Il 30 novembre del 1942 è nominato comandante della divisione Cremona. La divisione si trova a presidio della Corsica e per Solinas è come tornare a casa propria. Il rapporto con i soldati è ottimo, molti sono sardi. Fra i reduci il ricordo di quel comandante è ancora vivo ed il suo profilo è sempre quello di un bell’ufficiale. Non durò molto. Dopo la caduta del fascismo (25 luglio del 1943), Giacomo Carboni, comandante del Corpo d’Armata motocorazzato, lo portò a Roma al comando della Granatieri di Sardegna, che assunse il 4 Agosto 1943, sostituendo il Gen. Ruggiero. Nella memoria sono evidenti le difficoltà di riorganizzare la divisione e lo stato di incertezza che si viveva a Roma in quei giorni. La sera dell’8 settembre Solinas apprende dell’armistizio non dai suoi superiori o dagli ambienti militari, ma in maniera del tutto casuale: da due conterranei che avevano ascoltato la radio. Chiese novità ai comandi superiori ma gli pervennero risposte negative. Poco dopo però seppe che le Divisioni Piacenza e 220^ costiera, poste a difesa esterna di difesa alla Capitale, erano state catturate dai tedeschi. La situazione precipitava di minuto in minuto: i tedeschi puntavano su Roma e davanti a loro avevano ormai solo i Granatieri. Alle 21,30 un ufficiale tedesco arrivò al comando di Solinas e chiese la resa della divisione. Ma Solinas non accetta e impartisce un chiaro ordine per il capitano Villoresi (comandante della batteria ubicata nel caposaldo n.5): «Sono le ore 22: se fra dieci minuti il posto di blocco non verrà restituito, voi aprite il fuoco contro la colonna tedesca attestata sulla via Ostiense». Da quel momento ebbe inizio la battaglia per Roma. I Granatieri resistettero sempre fino al cessate il fuoco, che arrivò alle 16,10 del 10 settembre.
Con la costituzione della Città Aperta di Roma sembrava che dovessero restare solo le forze di polizia italiane per garantire l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini. In realtà, scrive Solinas, i reparti tedeschi ben presto invasero la capitale e «molti, troppi, i furbi», abbandonarono il loro posto di comando. La mattina dell’11 settembre si svolse al comando del corpo d’armata di Roma (Piazza della Pilotta), una riunione presieduta dal generale Sogno, per la comunicazione delle clausole riguardanti l’armistizio. Fra gli argomenti trattati vi era il disarmo dei reparti, la cessione del materiale bellico, il congedo della truppa per smobilitazione (fino al grado di maresciallo incluso), la linea di demarcazione per noi e per i germanici, la costituzione di una polizia per la “Città Aperta”. L’incarico fu dato alla divisione “Piave” al suo completo oltre, ai Carabinieri, alla PAI e ai Metropolitani. Al comando di questa nuova polizia furono posti il ge- nerale Tabellini dell’E- sercito e il generale Maraffa della PAI. In quei giorni, poi, come attesta Solinas, il generale Graziani svolse un’attività frenetica per compattare gli ufficiali che a migliaia vagavano in Roma e venne convocato anche lui, nonostante fosse stato definito all’Adriano, come “il criminale che aveva fatto sparare sui tedeschi”. Il Maresciallo decise di affidagli un ruolo organizzativo, non ope- rativo, decisamente importante: lo nominò comandante militare della Lombardia. In un clima certamente drammatico maturò l’adesione sofferta alla Rsi. Fu un percorso di vita travagliatissimo. Solinas operò in un clima difficile, venne subito accusato di esser un massone e di aver allontanato dal suo comando “ufficiali animati di fede fascista”. Il Duce ne chiese la destituzione, ma il provvedimento di sostituzione fu attuato solo alcuni mesi dopo; ciò probabilmente grazie ai buoni rapporti che intercorrevano fra Barracu e Solinas. La sua epurazione dall’esercito repubblicano avverrà in un clima di lotte fra bande che si viveva nei comandi della Rsi. E non meno drammatico per lui fu il periodo successivo al 25 aprile 1945. Il comandante dei Granatieri dapprima fu arrestato dai giovani partigiani delle Brigate Matteotti, poi condannato a 20 anni dal Tribunale di Milano, infine assolto nel 1946 dalla Corte di Cassazione. Un rimedio assolutorio ad una condanna che suonava più come una punizione per aver aderito alla Rsi che per fatti realmente commessi nei mesi passati al comando militare della Lombardia. Quell’adesione travagliata gli costerà cara, purtroppo, anche in termini di oblio storiografico. Egli si difese sostenendo che nel periodo del suo comando a Milano, 10 mesi da novembre 1943, si registrarono 30000 esoneri, 6500 militari internati in Svizzera furono rimpatriati e 3500 disertori coperti. E i repubblichini lo destituirono pure dall'incarico. «Da me non è stato mai ordinato nessun arresto, nessuna convocazione di Tribunale straordinario, nessun rastrellamento di partigiani», dichiarò Solinas. La vicenda giudiziaria si concluse quando la Corte d'assise di Roma lo scagionò. Mori nel 1987, all'età di 94 anni. Ma nonostante le sue scelte contradditorie, Solinas viene ricordato, anche dalla penna di Renzo De Felice, il più importante storico del fascismo, come «uno dei pochi generali ad aver organizzato la difesa di Roma contro i tedeschi dopo l'8 settembre 1943». Fu insignito di tre medaglie d’argento al Valor Militare e di una croce di guerra.
Medaglia d'argento al valor militare
«Assunto il comando di un battaglione eritreo in pochissimi giorni sapeva animarlo di magnifico e disciplinato slancio portandolo a due brillanti successi nell'Uadi El Kuf e nel Gebel Brahasa. In un successivo ciclo di operazioni, dopo aver eseguita marcia notturna assai faticosa, riceveva all'alba ordine di attaccare un dor ribelle; dimentico di ogni fatica, alla testa del suo fiero battaglione, con ordine eslancio superbo, sbaragliava rapidamente la difesa nemica e raggiungeva con celere inseguimento la grossa carovana ribelle che catturava al completo. Uadi Kuk, 9 maggio - Bir Attaga, 11 maggio - Ras Giuliaz, 13 luglio 1927»
Medaglia d'argento al valor militare
«Comandante di brigata coloniale di provato valore, alla testa di una colonna celere, con sapiente e ben congegnata manovra, riusciva a liberare quattro ufficiali tenuti in ostaggio da un capo nemico. Nell'ulteriore corso delle operazioni, intervenendo di persona e con sprezzo del pericolo ogni qualvolta il suo esempio poteva servire di sprone e di incitamento, portava nel campo della lotta un prezioso contributo.»— Belesà, maggio-giugno 1939
Medaglia d'argento al valor militare.
«Incaricato della difesa di importanti corsi d'acqua, quale comandante di settore, e durante azioni per la presa du contatto ed inseguimento del nemico, quale comandante di colonna, dimostrava coraggio, avvedutezza e senso di responsabilità, ottenendo notevoli risultati.»— Nipro - Stalino - Kriwojtozez (fronte russo), 6 settembre-23 ottobre 1941.
Croce al merito di guerra al valor militare
«Quale comandante interinale di battaglione indigeno, impegnato in aspro e movimentato combattimento, compiva ampio aggiramento sulla destra dell'avversario, noncurante dell'efficace fuoco di fucileria. Con lodevole iniziativa inseguiva i ribelli snidandoli da successive posizioni e infliggendo loro forti perdite.»— Uadi Greiat, 15 maggio 1924